Skip to content

IL LOCKDOWN E LE PERSONE CON DISABILITÀ: L’INTERVISTA AD ANASTASIA

3 minuti di lettura
3 minuti di lettura

Attraverso le interviste del nostro Paolo agli ospiti ed agli operatori della Comunità Alloggio di via Amoretti, vi raccontiamo alcune esperienze dirette sulla vita delle persone con disabilità durante il lockdown.

Un approfondimento di vita vissuta su come tante persone, che già abitualmente convivono con difficoltà varie e più o meno significative, abbiano accusato eventuali ripercussioni sul loro stato di salute psico-fisico durante i mesi passati forzatamente a casa senza interazioni dirette con il mondo esterno.

Ciao Anastasia, tu sei una delle storiche e simpaticissime OSS della CARD ALATHA: durante il lockdown hai vissuto un incremento delle difficoltà nello svolgimento del tuo lavoro? Se sì, quali?

In questi mesi chiaramente il lavoro è diventato più pesante. Covid 19 a parte, già il fatto che Francesco avesse fatto l’intervento e fosse convalescente aumentava la mole di lavoro da svolgere, perché chiaramente necessitava di più assistenza. Anche prima eravamo sempre molto attenti all’igiene, ma in questa situazione le varie procedure generavano sicuramente una maggiore tensione emotiva.

Pensi di aver potuto proseguire il tuo lavoro in sicurezza rispetto alle varie misure preventive indicate dagli enti sanitari nazionali ed internazionali di riferimento? Hai comunque avuto paura o timore di un possibile contagio?

Diciamo che all’inizio è stato difficile reperire alcol e mascherine e abbiamo razionato finchè le forniture non sono ripartite a pieno regime. Ovviamente mi sono attenuta strettamente a tutte le direttive ed uscivo di casa solo per andare al lavoro. Avendo subito in passato un intervento per una brutta malattia, anche se risulto ad oggi completamente guarita, ho chiaramente avuto paura degli effetti che avrebbe potuto avere sul mio corpo un eventuale contagio e ho quindi prestato costantemente il massimo dell’attenzione per prevenire al meglio ogni possibile causa d’infezione.

Stando a contatto con gli ospiti, hai percepito loro disagi o malesseri dovuti alla situazione? Pensi che le varie istituzioni li abbiano supportati al meglio delle possibilità nella gestione della situazione?

All’inizio lo stress e la tensione erano sicuramente più evidenti. Michela, che ha una vita sociale molto attiva, era un po’ spaventata e nervosa, e anche Andrea, che magari in generale esce un po’ meno, sapendo che doveva stare forzatamente in casa si lamentava spesso perché voleva andare in giro. Tutto sommato però, c’è da dire che i ragazzi sono stati supportati dai vari centri, qui in Comunità noi operatori abbiamo dovuto avere un po’ più di pazienza, ma tutti insieme, con la collaborazione degli ospiti, siamo riusciti a riorganizzare una serena routine comunitaria quotidiana.

Se ci fossero, puoi farci un esempio di valore o abitudine postivi riscoperti durante il periodo di quarantena, dei quali tanto si è sentito parlare?

Penso che tra le varie attività quotidiane instaurate nella nuova routine comunitaria dovuta al coronavirus, la partecipazione alla preparazione dei pasti, all’apparecchiare la tavola e lavare le stoviglie sia stata sicuramente la più coinvolgente. In base ai limiti personali, qualcuno ha brontolato un po’ più di altri ma, Michela, per esempio, che da sempre era molto coinvolta e aveva piacere a dare una mano, ha dimostrato ancora più voglia e partecipazione, forse per compensare la mancanza del tirocinio in un bar sui navigli interrotto proprio a causa del lockdown e del quale era estremamente entusiasta.

Notizie correlate

Noi di Alatha Onlus svolgiamo con dedizione e cura un servizio di trasporto e assistenza alla persona con disabilità, anziana, o in temporanea difficoltà.

Torna su