Oggi inauguriamo la rubrica “Storie”, una raccolta di testimonianze che ruotano intorno alla disabilità e al ruolo della mobilità a sostegno dell’autodeterminazione e inclusione sociale.
Una rubrica, che darà voce alle persone che utilizzano i nostri servizi, ai caregiver, ai volontari, ai collaboratori e ai sostenitori che appoggiano la mission di A.la.t.Ha.: garantire a tutte le persone con disabilità la possibilità di essere più autonome attraverso la libertà di muoversi. Le storie trasmettono emozioni, motivazione, spingono ad agire e a prendere posizione su determinate sfide sociali e con la storia di Giuseppe vogliamo far passare un messaggio: una buona dose di determinazione unita al supporto derivante da famiglia, amici, educatori, operatori del sociale e del sistema sanitario nazionale, sono fondamentali per raggiungere traguardi di vita individuali e per superare tutti gli ostacoli che la vita ci pone.
Conosciamo Giuseppe dal 2021, anno in cui ha iniziato ad utilizzare il servizio di A.la.t.Ha. per le sue passeggiate nel centro di Milano insieme a famiglia e amici e oggi anche per raggiungere l’Università Bicocca dove studia Scienze dei Servizi Giuridici. La conoscenza si è consolidata quando ha partecipato insieme a noi a una giornata al Loft di Xfactor dove abbiamo conosciuto i concorrenti dell’ultima edizione e tra una chiacchierata e l’altra ci ha raccontato la sua storia.
Giuseppe è nato nel 2002 in Puglia, in provincia di Brindisi, la sua famiglia ha vissuto per due anni nella bolla di felicità derivante dalla nascita del primo figlio, finché un giorno di Aprile 2004 compare la minaccia della malattia. A causa di una perdita di peso sospetta, a soli due anni, Giuseppe viene sottoposto ad analisi del sangue che rivelano transaminasi alte. La famiglia scopre così, all’Ospedale Giovanni XXIII di Bari che le transaminasi altre erano dovute alla mancanza di distrofina nei muscoli che è un segnale della Distrofia Muscolare di Duchenne o DMD.
Ciao Giuseppe, puoi spiegarci meglio che cos’è la Distrofia Muscolare di Duchenne e come hanno reagito i tuoi genitori alla scoperta?
È una malattia neuromuscolare genetica rara che viene trasmessa dal cromosoma X, ovvero dalla madre ai figli maschi, con una possibilità del 50%, ed è caratterizzata da una degenerazione progressiva dei muscoli scheletrici, lisci e cardiaci che genera debolezza muscolare diffusa.
I miei genitori all’inizio erano molto preoccupati e non sapevano come comportarsi e cosa fare per farmi stare bene. Grazie a Dio, ci sono state delle persone che ci hanno aiutato davvero tanto a trovare un centro in cui potessi sottopormi a cure per limitare gli effetti della malattia. Ai tempi, un dottore ci consigliò il Centro Riabilitativo “La Nostra Famiglia“ a Bosisio Parini in provincia di Lecco. Anche se lontano da casa, insieme ai miei genitori ci mettemmo in viaggio per raggiungere il centro dove una dottoressa molto brava e preparata, che mi segue ancora oggi, ci spiegò a quali cure dovevo sottopormi per limitare l’avanzamento della malattia. Mi prescrissero dei cortisoni e la vitamina D. Dopodiché tornammo in Puglia e iniziai i trattamenti e la fisioterapia.
Andava tutto bene e io stavo bene e potevo vivere quasi come un bambino sano della mia età. Camminavo, facevo le scale, andavo al mare. Le uniche limitazioni erano che avevo bisogno di aiuto per alzarmi da terra e dovevo stare attento a non cadere.
Cos’è successo poi quando sei cresciuto?
Fino alla terza elementare ho vissuto come qualsiasi bambino della mia età seguendo tutti gli accorgimenti indicati dai medici e fisioterapisti e la mia malattia non era ancora visibile.
I primi problemi sono iniziati a 8 anni, facevo fatica a camminare e iniziai ad utilizzare la carrozzina manuale per i tragitti più lunghi, per esempio quando andavo in gita. Dalle medie, invece, ho incontrato i primi ostacoli: la scuola non aveva ascensori per i piani superiori e quindi c’erano attività che non potevo fare e vennero ridotte le ore di sostegno e di supporto educativo. Venivo aiutato dai bidelli e dai miei compagni a prendere i libri dallo zaino e per andare in bagno.
Mi affaticavo a camminare anche per brevi distanze e ricordo di essere caduto a terra un giorno nel corridoio della scuola. Fu dopo questo episodio che mi prescrissero la carrozzina elettronica che inizialmente usavo solo a casa, non a scuola. Camminavo ancora, ma il tempo che passavo seduto superava di gran lunga quello in cui camminavo.
Questi anni coincidono anche con la decisione della mia grande famiglia (siamo in 7, i miei genitori, io, 2 sorelle e 2 fratelli) di emigrare in Germania perché il lavoro in Puglia scarseggiava ed era difficile mantenere la nostra famiglia in Italia.
Come hai vissuto questo cambiamento e se li hai trovati, che tipo di ostacoli hai dovuto affrontare in Germania?
Sicuramente la lingua è stato un ostacolo, ma lì viveva una grande comunità di italiani, per cui non ci siamo sentiti troppo soli, tuttavia per certi aspetti mi sono sentito escluso e non accettato dalla società tedesca per questo poi abbiamo deciso di tornare in Italia dove almeno mi hanno sempre curato.
A scuola (una scuola bilingue italo-tedesca) mi sono accorto che i pregiudizi riguardo alla mia disabilità erano tanti, sia da parte dei compagni che mi bullizzavano, sia da parte degli enti pubblici che si occupavano di istruzione, che non erano abituati a vedere un alunno disabile in una scuola “normale”. Secondo loro io dovevo stare in una scuola “speciale”, una scuola dove praticamente lasciavano i disabili abbandonati a loro stessi, senza la possibilità di studiare. Io però non volevo andarci in una scuola del genere e, quindi, mi misi di impegno e imparai velocemente la lingua dimostrando di essere molto bravo ad apprendere, meglio di altri. Venne una signora a valutare la situazione e, dopo un colloquio con i miei professori, mi disse che potevo restare lì a studiare insieme agli altri. Quella fu una delle mie più grandi conquiste.
Non essendo cittadino tedesco c’erano tante cose che non mi venivano assicurate, mi sospesero tutte le cure che facevo in Italia compresa la fisioterapia, dicendo che non erano necessarie, mi davano quasi per spacciato. Questa decisione portò subito a delle conseguenze e ad un peggioramento rapido delle mie condizioni di salute. In pochi mesi e a seguito di una frattura al femore operata male, mi sedetti definitivamente sulla sedia a rotelle, non riuscivo più a fare neanche un passo.
L’unico beneficio che hanno i disabili in Germania è il fatto che tutti i luoghi e i mezzi pubblici sono privi di barriere architettoniche. Per cui se si ha una disabilità, ci si può spostare tranquillamente e sei più indipendente. Ma le persone non vogliono solo strumenti accessibili ma anche mezzi per usarli, manca l’attenzione alla cura delle malattie.
Dopo la Germania sei andato a vivere a Merate, l’accesso alle cure e a un’istruzione più inclusiva è stato più semplice?
Sicuramente ho accesso a tutte le cure indispensabili per la mia vita e la mia autonomia e mi sono iscritto al liceo Linguistico Agnesi di Merate senza sentirmi escluso o bullizzato.
Raggiungevo la scuola e i centri in cui mi curavo e facevo riabilitazione con i miei genitori e grazie al servizio di trasporto erogato dal Comune di Merate, ma non potevo muovermi in totale autonomia, per esempio, i treni erano degli anni 90 con sbarre davanti alle porte e con scalini per cui mi era impossibile salirci.
Ero scoraggiato e amareggiato e ho deciso di raccontare il mio stato d’animo al giornale di Merate e ho scritto una serie di mail al Presidente della Regione e all’Assessore alle Pari opportunità. Dopo mesi e mesi, finalmente la notizia che la flotta da Lecco a Milano e quindi, anche la stazione di Merate, sarebbe stata munita di treni accessibili di ultima generazione. Una grande notizia per me. Finalmente da quel momento posso anche andare a Milano a fare una passeggiata con la mia famiglia e amici.
La mia prima passeggiata fu a Luglio 2021 e poi ce ne furono altre. Tutto funzionava abbastanza bene e, una volta arrivato a Milano, potevo richiedere un servizio di trasporto ad A.la.t.Ha. Sapendo che il trasporto per Milano c’era potevo stare più tranquillo per il futuro e quindi dopo la maturità conclusa con un voto 100/100 mi sono iscritto all’Università Bicocca alla facoltà di Scienze dei Servizi Giuridici. Grazie all’assistenza di Trenord, all’ufficio B Inclusion della Bicocca, e di A.la.t.Ha., riesco a raggiungere le lezioni e le sedi di esame in maniera autonoma e accessibile.
Il 3 Ottobre 2022 ho quindi preso il treno da Merate a Porta Garibaldi, il pulmino A.la.t.Ha. da Porta Garibaldi all’ufficio U6 della Bicocca e ho iniziato l’Università, un sogno che diventava realtà.
Un traguardo che mi è stato possibile anche grazie alla mia determinazione nell’affrontare sempre le difficoltà e a tutte le persone che mi hanno sostenuto.
Sono davvero orgoglioso di me ora e di tutto quello che sono riuscito a fare. E ancora non è finita qui, ci saranno tante altre esperienze che mi aspetteranno. La mia prossima esperienza sarà un viaggio a Trieste, dove girerò anche un video in cui parlerò di quanto sia accessibile ai disabili e in cui darò dei consigli su chi, nella mia condizione, vorrebbe visitare la città. Poi vorrei partecipare ad un concerto e magari fare anche un’esperienza universitaria all’estero.
La tua determinazione a raggiungere i tuoi obiettivi nonostante le difficoltà derivanti dalla malattia e dalle barriere (non solo architettoniche) è ammirevole e un esempio di resilienza e motivazione per tutti. Cosa diresti ai ragazzi che come te scoprono di avere la DMD?
Di non scoraggiarsi, di lottare sempre, anche quando la malattia evolve e porta sempre a più problemi fisici anno dopo anno. Direi loro di fare tutto ciò che a loro piace e di non imporsi limiti. Di dire sempre “Io ce la faccio”. Le difficoltà non devono essere un limite e c’è sempre un modo per superarle. Anche io, all’inizio, pensavo di non riuscirci, ma ora, dopo quello che ho vissuto, mi sono ricreduto. E infine direi loro di non chiudersi in loro stessi, ma di condividere la loro storia così come faccio io. È gratificante e fa stare bene Condividere con gli altri.
Ci sono delle persone che nella tua vita hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della tua personalità e ambizione di oggi? Chi sono e perché?
In primis in miei genitori, che mi hanno sempre incoraggiato a fare le cose e a vivere sempre più esperienze anche quando, per alcune difficoltà di salute, io ero scoraggiato.
Poi una persona che ha avuto un ruolo fondamentale nella mia vita è stata la mia educatrice in Germania, Iris. Lei è stata al mio fianco 6 mesi nel mio percorso scolastico sia nei momenti felici, sia nei momenti tristi, momenti in cui mi sentivo triste perché escluso dai compagni. In quei momenti uscivamo fuori dalla classe e lei mi confortava, dicendomi di lottare a testa alta. Mi diceva anche di non vergognarmi della mia condizione e di non essere timido, di guardare le persone in faccia e di non avere timore di nulla.
Il mio insegnante di sostegno Riccardo, che mi ha supportato molto anche durante la pandemia e mi ha fatto venire voglia di scoprire il mondo, prima tra tutti il trenino del Bernina. Mi ha aiutato a sconfiggere la mia timidezza e instaurare un bel rapporto con i miei compagni senza vergognarmi di chiedere aiuto quando ho bisogno.
La mia professoressa di educazione fisica e la mia insegnante di sostegno che mi hanno aiutato a guardare oltre i miei problemi legati alla malattia incoraggiandomi a rendere lo sport qualcosa di accessibile anche a me. Io non ero tanto entusiasta, ma poi accettai di partecipare anche io alle ore di educazione fisica. Facevo dei percorsi ad ostacoli con i miei compagni oppure l’arbitro durante le partite di pallavolo.
Infine, la mia migliore amica Irene, un’amica speciale, che mi è stata sempre vicina e che sono fortunato di avere. Lei era la mia compagna di classe alle superiori e fin dall’inizio tra noi è nata una bella amicizia. Lei è stata la prima che mi ha aiutato e che mi ha parlato. Mi ha sempre incoraggiato a fare le cose e a non essere timido con nessuno. Mi ha insegnato che la disabilità non è un limite nel fare le cose e mi ha proposto da pochi giorni di partecipare ad un concerto.
Cosa porti sempre con te e della quale non potresti fare a meno?
Con me porto sempre la mia carrozzina elettronica. Che sia a scuola, che sia in viaggio, che sia per fare una passeggiata, per andare al mare e per andare a trovare amici e parenti. È ormai la mia compagna di avventure e mi permette di muovermi in tutta autonomia. Se non ci fosse, la mia vita sarebbe completamente diversa e non potrei fare tante cose che faccio ora
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Arricchirmi di esperienze, visitare nuovi posti, tentare di fare cose che non ho mai fatto prima e di andare oltre i limiti della mia condizione. È questo che mi mantiene attivo e desideroso di fare sempre nuove cose.
Secondo te, quanto è importante la mobilità per l’inclusione delle persone con disabilità? Come ti trovi con il servizio di trasporto A.la.t.Ha.?
Per me è indispensabile per raggiungere l’Università perché spostarsi in metro è ancora impensabile dato che è inaccessibile alle persone con disabilità. Mi trovo molto bene e in A.la.t.Ha. sono tutti molto disponibili, trovano sempre una soluzione alle mie esigenze di spostamento anche per fare una semplice passeggiata a Milano. E Si! Aiuta decisamente la vita di molte persone e lo consiglio perché facilita molto gli spostamenti alle persone come me in carrozzina o con difficoltà motorie.
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