Nell’intervista di oggi parliamo con Lucia, ragazza siciliana trapiantata a Gambolò (PV) dalla nascita, che dal lunedì al venerdì, durante il periodo accademico, accompagniamo allo IULM a seguire le lezioni del suo Corso di Laurea Specialistica in Arte, valorizzazione e mercato. La storia della sua nascita e dei primi anni di vita evidenziano, come la maggior parte delle storie che vi abbiamo raccontato finora, il ruolo della famiglia come nucleo di autodeterminazione, resilienza e in alcuni casi anche di salvezza.
Lucia, è nata a Siracusa nel 1989 da un parto trigemellare che ha causato la morte della madre naturale. Durante la gravidanza, i medici non si erano accorti che la bambina nella placenta con Lucia era morta perché non compatibile con il sangue della madre, ma il contatto con essa per diversi mesi ha causato in Lucia un’encefalopatia con diplegia spastica, una forma di paralisi cerebrale infantile che non ha interessato il fratello dal momento che si trovava in una placenta divisa.
Lucia e il fratello sono stati subito adottati dagli zii materni, che avevano già due figli, portando con sé anche i nonni che erano gli unici rimasti ad occuparsi di loro. E così dopo solo un mese di vita avvenne il trasferimento da Siracusa a Gambolò, dove vissero per un lungo periodo in dieci sotto lo stesso tetto.
Grazie ai genitori adottivi, a Lucia non è mai mancato niente, seguita nelle sue esigenze sia dal punto di vista sanitario che da quello educativo. La fisioterapia e la riabilitazione sono fondamentali per consentirle di continuare a camminare con il deambulatore in casa e ad utilizzare la carrozzina solo per gli spostamenti esterni e per essere autonoma la maggior parte delle attività quotidiane.
Ciao Lucia, com’è stato nel complesso il tuo percorso accademico e da dove deriva questa tua passione per l’arte?
Ho acquisito la passione per l’arte dalle elementari, quando in quinta il Preside ci ha portato in gita a Roma per cinque giorni, dove ho potuto ammirare la bellezza dei musei vaticani, comprese le sculture antiche della città. Alle superiori ho preso un diploma come tecnico dei servizi turistici e ho anche avuto la possibilità di fare due vacanze studio a Londra per due anni consecutivi, dove ho visitato la National Gallery e Il Madame Tussauds. Questo avvicinamento all’arte mi ha portato successivamente a iscrivermi alla Laurea Triennale in Beni Culturali all’Università di Pavia.
Oggi mi appassiona molto l’arte contemporanea e moderna di artisti come Parmeggiani, Morandi, Picasso. Mi piacerebbe lavorare nel mondo dell’arte, il mio sogno sarebbe quello di dirigere un museo di arte contemporanea.
Ho praticamente passato la vita a studiare perché non ho ancora trovato un lavoro, ma con il conseguimento della seconda laurea spero di trovare un’occupazione che possa permettermi di avere uno stipendio ed essere più indipendente dalla mia famiglia. Certo l’ideale sarebbe trovare un lavoro inerente ai miei studi, ma sono disposta anche a valutare altri contesti.
Come hai vissuto in generale il tuo periodo formativo?
In generale molto bene, non ho mai avuto problemi a livello di socialità: l’esperienza più bella della mia vita l’ho avuta quando ho fatto l’Università a Pavia, e soprattutto quando sono andata a vivere in un appartamento condiviso con altri due studenti pugliesi. Mi sono convinta a fare questo passo anche a causa della stanchezza derivante dal viaggio in pullman da Gambolò a Pavia, che mi portava via tante energie. Ho vissuto per tre anni con i miei coinquilini in un edificio che non era completamente accessibile: aveva un gradino all’ingresso, e poi tre gradini per prendere l’ascensore, ma alla fine me la cavavo da sola facendo le scale a piedi tenendomi al corrimano.
L’ultimo anno prima di laurearmi ho vissuto un periodo abbastanza complicato a causa di un esame che non riuscivo a passare, ma poi grazie all’aiuto della mia famiglia, del mio relatore e della psicologa sono riuscita a superare questa fase profondamente destabilizzante. Successivamente ho provato a cercare lavoro, ma alla fine ho deciso di proseguire gli studi scegliendo lo Iulm perché mi sembrava più professionalizzante.
Ora mi mancano quattro esami alla laurea specialistica e in questi due anni di studio a Milano ho avuto anche l’opportunità di fare un project work presso la Casa della Memoria e la Fabbrica del Vapore. In particolare, insieme ai colleghi abbiamo realizzato un evento in cui artisti emergenti e affermati (come Colin e Balena) esponevano le proprie opere dedicate all’Articolo 3 della Costituzione.
Questo progetto mi ha consentito di mettermi in gioco in una realtà altamente professionalizzante, incontrando divere persone e rappresentanti istituzionali; tuttavia, ci sono stati due aspetti negativi:
1) Gli spostamenti sono stati abbastanza stancanti: arrivavo a Famagosta da Gambolò e poi con il pulmino di A.la.t.Ha. raggiungevo la Casa della Memoria per un totale di 3 ore al giorno dedicate agli spostamenti. In più, nonostante l’aiuto di A.la.t.Ha., che viene sempre incontro anche alle mie possibilità economiche, può essere abbastanza oneroso per chi, come me in carrozzina, è costretto tutti i giorni a trovare delle alternative al trasporto pubblico.
2) Mi sarebbe piaciuto che questa prima esperienza nel mondo del lavoro si fosse trasformata in inserimento lavorativo, anche con un tirocinio, ma purtroppo, essendo le strutture citate dei musei comunali, non è possibile inserirsi senza concorso.
Quali sono gli ostacoli principali che incontri nella vita di tutti i giorni?
I primi ostacoli che mi vengono in mente sono i marciapiedi: per esempio quello su cui devo aspettare il pullman a Famagosta non ha la salita e la discesa per le carrozzine oppure ce l’ha in un punto troppo stretto dove la carrozzina non passa.
Lo Iulm, invece, ha zero barriere architettoniche.
Purtroppo, da quando ho compiuto 18 anni, ho riscontrato problemi di accesso alla fisioterapia: l’ASL passa 10 fisioterapie all’anno e per la mia disabilità è fondamentale farla abitualmente. Mi sono organizzata iscrivendomi in palestra e piscina, ma penso che le persone come me dovrebbero essere aiutare di più dal servizio sanitario perché per esempio, nel mio caso, i miei genitori devono pensare a 4 figli e le risorse devono essere giustamente ripartite. Penso anche che tantissime altre persone in condizione simile mia rischierebbero, così, di dover rinunciare alle terapie fondamentali per mantenere le capacità residue.
Come hai conosciuto A.la.t.Ha.?
Quando mi sono iscritta all’Università a Milano mi sono messa subito a cercare un modo per raggiungerla da Famagosta: così ho trovato il sito di A.la.t.Ha. e ho contattato l’ufficio trasporti.
Dato che ho poco senso dell’orientamento e che sento il bisogno di avere un punto di riferimento per i miei spostamenti perché ho paura di perdermi, in A.la.t.Ha. ho trovato tutto ciò che mi fa sentire sicura. È capitato ad esempio che gli autisti di A.la.t.Ha. aspettassero con me il pullman per non lasciarmi sola.
Usi tanto i mezzi pubblici, soprattutto i pullman di linea per i tuoi spostamenti. Hai mai avuto dei problemi?
Si, una volta, sempre a Famagosta, dovevo prendere il bus 175 per Pavia. Oltre a me c’era un altro ragazzo in carrozzina e, purtroppo, sul pullman c’è solo un posto disponibile: nonostante avessi proposto all’autista di aiutarmi a salire a piedi, dato che posso camminare, lui non si è voluto prendere la responsabilità e quindi ho rinunciato alla mia corsa.
Una volta, a Pavia, è successo che la pedana del pullman non funzionasse, in più nevicava e faceva freddo. Alla fine, l’autista ha deciso di partire senza farmi salire e così ho chiamato la sede centrale dell’azienda di trasporti, riuscendo a trovare una soluzione. Comunque è stato indecente.
Anche a Milano diverse strade e ristoranti non sono per niente accessibili.
Nonostante le barriere architettoniche e mentali che devo affrontare nella mia quotidianità di persona con disabilità, nella mia vita, anche grazie alla mia famiglia e al mio fidanzato, ho sempre superato tutto.
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