Abbiamo intervistato il Don che ha visto crescere Luca Attanasio e lo ha seguito da vicino mentre cominciava a muovere i primi passi del suo percorso di vita dedicato alla cooperazione sociale internazionale.
Caro Don, lei è il parroco di Limbiate, dove Luca era molto amato. Luca ha sempre frequentato la parrocchia e l’oratorio: qual è il ricordo più bello che ha di lui?
Da giovane era un animatore e guidava le attività di vari gruppi con grande ricchezza di sentimenti e proposte. Nel gruppo Aurora, che era composto da persone di tutte le età in condizione di solitudine, Luca dedicava il suo tempo all’ascolto attivo. Nel gruppo Girasole, costituito da giovani con disabilità, si occupava di organizzare gite, attività ricreative come gite culturali, vacanze estive e partite allo stadio. Luca era un “costruttore di ponti” e le esperienze in oratorio, e in particolare l’esperienza come promotore del Convegno di Tiazè a Milano (che ha portato centinaia di giovani a Limbiate) lo hanno portato ad aprirsi al mondo cercando ciò che accomuna tutti.
In diverse interviste ha parlato della passione di Luca per l’Africa, ci può spiegare i motivi profondi legati a questa passione?
La sua passione era per il mondo intero. L’Africa l’ha scoperta e l’ha amata perché convinto che è il continente dove la vita umana è in esplosione. Se sarà aiutata a crescere, questo anche a livello di Chiesa, sarà certamente una fonte di vita.
Luca, il brigadiere Vittorio Iacobacci e l’autista Mustapha Milambo, vittime di una cultura e violenza insite in questi paesi dimenticati dal mondo. Il mondo cattolico e la chiesa sono da sempre presenti in questi territori , secondo lei cosa bisogna fare per porre fine a queste tragedie?
Il problema parte dal mondo occidentale che continua a sfruttare le ricchezze di questi paesi e a trattare i popoli come schiavi, fagocitando spesso tensioni e guerriglie.